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Maternità e mondo del lavoro, nel nostro Paese, sono due termini che, se accostati, richiamano alcune riflessioni.

Nei miei corsi capita spesso che le mamme mi domandino come regolarsi nel momento in cui dovranno tornare a lavorare. 

Sarà meglio attendere lo svezzamento o rientrare il prima possibile? 

Meglio il nido o la baby sitter?

Lascio mio figlio ai nonni o rinuncio io al mio impiego?

Cosa mi consigli, resto a casa più a lungo prima o dopo il parto? 

Senza ombra di dubbio, non spetta a me rispondere a queste domande. 

Vero è che qualcuno deve pur offrire delle linee guida ai neo genitori costretti a prendere delle decisioni.

In questo articolo vediamo di fare luce sulla normativa vigente per quanto attiene il rapporto tra maternità e mondo del lavoro e di analizzare le sue ricadute rispetto alla genitorialità in generale.

 

Maternità e mondo del lavoro: diritti e tutele per le lavoratrici dipendenti

Sicurezza e salute: mestieri pericolosi o di fatica

donna incinta al lavoro Parlando di tutele per le lavoratrici in gravidanza è importante sapere che esistono dei diritti sanciti per legge. 

In particolare, qualora si esercitino professioni che potrebbero mettere a rischio la salute della donna e del nascituro, è possibile ottenere:

  • un cambio di mansione
  • un cambio di orario di lavoro (in caso di lavoro notturno)
  • uno spostamento

Congedo di maternità obbligatorio

La cosiddetta maternità obbligatoria è un periodo flessibile di congedo della durata complessiva di 5 mesi. 

Di norma, la donna si astiene dal lavoro i 2 mesi antecedenti la data presunta del parto e i 3 mesi successivi. 

Se si sceglie di astenersi 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo, è richiesto il parere del medico specialista e del medico competente sul posto di lavoro.

In questi casi l’indennità economica giornaliera è pari all’80% della retribuzione. 

Congedo parentale

Il congedo parentale riguarda indifferentemente i due genitori ed è facoltativo

La sua durata massima è pari a 10 mesi nei primi 12 anni di vita del bambino.

L’astensione dal lavoro può essere continuativa o frazionata, nel qual caso, però, il frazionamento non può essere superiore ai 6 mesi. 

Il frazionamento, infine, può essere richiesto anche a ore. 

Comunemente questo congedo è definito, lato madre, maternità facoltativa e viene retribuito, sia che si tratti della madre che del padre, al 30% della retribuzione giornaliera.

Infine, la finanziaria del 2023 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025 – ha introdotto un ulteriore mese di congedo parentale facoltativo  retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita del bambino sia dalla madre che dal padre.

 

Permessi di riposo (comunemente detti permessi allattamento)

Si tratta di permessi giornalieri godibili fino al compimento dell’anno di vita del bambino concessi o per allattare oppure in caso di grave handicap del bambino. 

Sono pari a 2 ore al giorno se l’orario di lavoro è di almeno 6 ore, 1 ora al giorno se l’orario di lavoro è inferiore alle 6 ore giornaliere

Si tratta, comunque, di permessi retribuiti.

Congedo per malattia del figlio

Questo congedo parentale riguarda entrambi i genitori i quali possono usufruirne per tutta la durata della malattia del figlio fino ai suoi 3 anni. 

Dai 3 agli 8 anni il congedo si riduce ad un massimo di 5 giorni l’anno. 

In entrambi i casi , però, il congedo per malattia del figlio NON è retribuito.

Congedo di paternità obbligatorio

donna incinta al lavoro in ufficio Il 13 agosto, 2022 è entrato in vigore il decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105 che ha sancito il diritto al congedo di paternità obbligatorio

Da quel momento, dunque, i papà lavoratori dipendenti hanno acquisito il diritto/dovere di astenersi dal lavoro per 10 giorni in caso di nascita, adozione o affido di un figlio. 

Il congedo può essere frazionato in giorni (non in ore) anche in caso di morte perinatale del figlio. 

In caso di parto gemellare il congedo si estende a 20 giorni lavorativi.

E’ importante sottolineare che questo congedo può essere usufruito in concomitanza con il congedo di maternità della madre lavoratrice.  

Il legislatore ha voluto in questo caso ripartire in maniera più equa la responsabilità genitoriale, agevolando la creazione precoce di un legame padre/figlio.

NOTA: 

Un sistema di welfare rispondente alle reali esigenze delle madri lavoratrici (come ad esempio in Svezia), agisce trasversalmente a beneficio della collettività. Le norme sono apprezzabili. Resta il fatto che molto ancora possiamo chiedere che venga fatto. L’obiettivo è metterci in condizione di vivere la maternità potendola meglio integrare con le nostre esigenze professionali. 

Maternità e mondo del lavoro: diritti e tutele per le lavoratrici autonome e libere professioniste

Anche per le lavoratrici autonome è riconosciuto il diritto all’indennità di maternità per i 2 mesi prima del parto e i 3 successivi (in caso di adozione o affidamento si parla dei 5 mesi successivi all’ingresso del piccolo in famiglia). Sotto questo profilo, maternità e mondo del lavoro- si sono in qualche modo avvicinati.  

Vale la regola che per ottenere tale indennità è necessario rispettare alcuni requisiti specifici come indicato nel Decreto n. 105/2022

Novità, di non poco conto, è la recente introduzione della possibilità di astenersi dal lavoro in forma indennizzata anche prima dei 2 mesi antecedenti il parto (o all’ingresso del bambino in famiglia). 

NOTA: 

Una circolare INPS, inoltre, dispone l’indennità di paternità per lavoratori autonomi o liberi professionisti riconosciuta, però,  in caso di eventi gravi che occorrano alla madre (lavoratrice dipendente o autonoma) ovvero:

  • morte o grave infermità della madre
  • abbandono del figlio o mancato riconoscimento da parte della madre
  • affidamento esclusivo del figlio al padre sancito dal Tribunale dei minori 

 

L’indennità di paternità decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi indicati e dura quanto il periodo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice. 

Se la madre è non lavoratrice, il periodo indennizzabile di paternità termina dopo tre mesi dal parto.

Il diritto all’indennità, infine, è riconosciuto ai padri lavoratori autonomi o iscritti alla Gestione separata che si trovino nelle condizioni reddituali inferiori a 8.145 euro nell’anno precedente.

IMPORTANTE: 

La lettura attenta della norma ci suggerisce che, per quanto riguarda i lavoratori autonomi, il padre ha diritto a sostituirsi alla madre solo laddove questa non sia in grado di assolvere al proprio ruolo materno. 

Che si tratti di decesso,  grave infermità o comprovata (dal Tribunale dei Minori) inadeguatezza, la sostanza è che il padre viene chiamato in causa solo in extremis. 

Considerazioni a margine del congedo di paternità per gli autonomi

Acclarato quanto sopra detto rispetto al congedo di paternità per i lavoratori autonomi, vorrei fare alcune ulteriori considerazioni. 

La prima è che, forse, non servivano una circolare INPS ed un decreto legislativo per stabilire che in caso di decesso della madre dovesse essere il padre ad occuparsi del figlio. Bastava il buonsenso. Vero è che la norma ha la funzione di determinare i confini d’azione e, in questo, le va riconosciuto il merito.

La seconda è che la normativa stabilisce che se la madre c’è ed è in grado di svolgere il proprio compito materno, spetta esclusivamente a lei occuparsi del figlio, suggellando questo assunto con tanto di decreto legislativo inoppugnabile.  

La terza è che mi pare che da tutto ciò discenda il fatto che la coppia genitoriale non è legittimata a decidere per sé la suddivisione dei ruoli (la madre intervenga per prima e solo se impossibilitata a farlo, intervenga il padre).  

La coppia genitoriale, dunque, deve attenersi alla norma oppure decidere di rinunciare all’indennità economica e arrangiarsi.  

Maternità e mondo del lavoro due strade che dovranno convergere

Nel mio ruolo di ostetrica e docente, in tutti  i miei corsi insisto sempre sull’importanza di una specularità dei compiti genitoriali. 

Spiego quanto sia importante il ruolo paterno sia nel sostenere la neo mamma che nel prendersi cura del piccolo. 

Spiego inoltre alle mamme quanto sia necessario per loro imparare a chiedere aiuto al compagno, coinvolgerlo e non lasciare che resti ai margini della diade madre-figlio.  

Mi impegno

Ebbene, analizzare la normativa riguardo a maternità e mondo del lavoro mi ha fatto intendere che d’ora in poi dovrò insistere ancora di più su questi temi

Dovrò portare alla luce le derive culturali che insistono nel comune sentire e che relegano le donne a ruoli stereotipati. Ciò, ricordiamolo, nuoce non solo alla famiglia ma alla società stessa. 

Se questo articolo vi pare leggermente diverso dai miei soliti articoli è solo perché il tema normativo appare lontano da quelli che quotidianamente tratto. 

Affondare le mani in questa materia mi ha aperto gli occhi su questioni che, voi per prime, mamme che mi scrivete, mi sottoponete quotidianamente. 

Per capire meglio le vostre esigenze e rispondere in maniera adeguata alle vostre domande, ho voluto e dovuto approfondire questi aspetti. 

Non mi bastava parlare con voi, ad esempio, di quando sia più opportuno rientrare al lavoro o se sia meglio affidare i vostri piccoli al nido o ai nonni. 

Desideravo, e desidero ancora, trovare risposte che riescano, quanto più sarà possibile, a fare convergere le esigenze di una maternità attenta e consapevole con i dati oggettivi del nostro mondo del lavoro e dei vincoli che esso pone ai genitori lavoratori.  

Inutile nascondere la testa sotto la sabbia

Credo sia giunto il momento di guardare in faccia la realtà. 

Fare i conti con essa equivale a riconoscere che tutta l’informazione che passa riguardo alla maternità debba essere accordata anche ai dati reali e alle difficoltà quotidiane

Difficoltà  che sono anche fatte di problemi economici, di bilanci famigliari e distribuzione dei compiti.

Il mio impegno in questo senso è oramai preso, spero mi seguiate in tante affinché i temi emergano, le distorsioni si affievoliscano e le strade, finalmente, convergano.

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2 commenti su “Maternità e mondo del lavoro

  1. Lei ha detto:

    Se hai la sfiga di prenderti i 2 mesi prima del parto, per complicanze di gestazione, ti rimangono 3 mesi da dedicare al tuo piccolo. Poi, o scegli di stare con lui, perdendo il 70% del tuo stipendio, o scegli di lasciarlo altrove. Se sei fortunata, hai nonni e zii che non pensano di essere dei babysitter ma delle persone di riferimento. Se sei sfortunata, ti tocca pagare una babysitter, che in proporzione guadagna più di te, o mandarlo al nido,sempre se c’è posto. E poi dovrai districarsi tra orari di lavoro non rispettati (vai e prendilo dal nido per ogni rottura), tra tienilo a casa che ha avuto la tosse, o chissà cos’altro. Anziché pagare i bonus nido forse era meglio investire nei soldi per aumentare ulteriormente la maternità, ma soprattutto la paternità. Diciamola tutta: ai datori di lavoro non piace che un padre si prenda 10 gg di lavoro. È un pretesto per non rinnovare i contratti di

    1. Penso che molte mamme si ritroveranno in questo tuo commento.

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