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I bambini arcobaleno che colorano il buio sono figli molto amati, ma non riparatori. 

Parliamo di quel buio che avvolge la vita di due genitori nel momento in cui realizzano di avere perso un figlio non ancora nato, nato morto o morto poco dopo essere venuto al mondo. 

Si tratta di un buio profondo e spaventoso, difficile da spiegare e ancora più difficile da attraversare. Poco conta a quante settimane di gestazione sia sopraggiunta la morte. 

 

Quel bambino era il vostro, non aveva età, ma aveva già prodotto tanto amore. 

Chi sono i bambini arcobaleno

La vita è come un arcobaleno: ci vogliono la pioggia e il sole per vederne i colori

Proverbio indiano

 

mani di bimbi e arcobaleno

I bambini arcobaleno che colorano il buio sono i figli che nascono dopo la morte perinatale del precedente figlio. 

Questi bimbi verranno accolti con immensa gioia ma il rischio è che venga fatta loro ombra dal fratellino in precedenza mancato. 

E’ importante affrontare questo tema per spiegare ai loro genitori, ma non solo, quanto leciti, legittimi e del tutto normali siano i sentimenti contrastanti e le paure cui potrebbero andare incontro, sia durante la gravidanza successiva, che nel crescere il figlio arcobaleno.

Elaborare il lutto perinatale

Come è normale che sia, l’elaborazione di un lutto perinatale è un’esperienza del tutto personale. Vissuta in maniera diversa da individuo a individuo, ha implicazioni spesso differenti a seconda che si tratti della mamma o del papà. 

Questo non perché vi sia un lutto più lutto dell’altro, ma perché si tratta di affrontare un viaggio solitario dentro il dolore percepito in maniera unica da ciascuno.  

E’ inoltre evidente che, essendo la mamma in questi casi sovente chiamata a partorire il suo bambino morto, ciò la rende artefice di un atto innaturale, rispetto al quale nessuno può dirsi preparato. 

Nell’elaborazione del lutto, dunque, vengono chiamate in causa talmente tante variabili che la sola indicazione davvero utile che si può suggerire in questi casi è di prendersi il tempo necessario a fare le scelte più adatte, quelle che, in altre parole, ci fanno stare meno peggio.

 

Quali scelte

Le scelte non sono poche e sono precedute da una su tutte: voglio incontrare il mio bambino?

Una domanda la cui risposta è davvero complessa poiché da essa discendono una serie di altre scelte che andranno comunque fatte, ma che non possono prescindere dal fatto che quell’incontro avvenga o meno. 

L’incontro ha vari significati, dal dare un volto e una forma tangibile al bambino, all’avere un’idea esatta del suo passaggio nelle nostre vite. Dal percepirlo come realmente esistito, al viverlo come ricordo nella memoria emotiva.

Le scelte che ne discendono, invece, sono diverse. 

Esse ci mettono a confronto con quella realtà che vorremmo eludere, con i compiti che non avremmo mai immaginato di dovere assolvere. 

Riguardano il decidere di tenere quella creatura con sé per qualche tempo, scegliere di fare con lui qualche fotografia o decidere di raccogliere un qualche piccolo  ricordo (ad esempio una ciocca di capelli) fino allo stabilire i termini per la sepoltura.

In ogni caso, lo ripeto, le scelte da fare devono andare nella direzione del rendere tollerabile il nostro dolore e, per questo, devono essere solo ed esclusivamente nostre. 

Il dolore è un'esperienza che si vive interiormente

Nel dolore siamo fondamentalmente soli, il che non significa che non possano esserci persone accanto a noi in grado di aiutarci.

Significa piuttosto che il dolore va elaborato dentro di noi, da noi e per noi e che nel percorso di elaborazione possiamo, e spesso dobbiamo, essere aiutati dall’esterno. 

La sensazione che più comunemente viene associata al lutto perinatale è il vuoto. Un vuoto fisico e interiore, uno spazio che era stato predisposto con amorevole cura e che è, invece, rimasto privo di una sostanza. 

Riempirlo pare un’impresa fuori dalla nostra portata ed invece esistono modi per farlo. 

Per quanto incredibile possa apparire, è importante creare dei ricordi del passaggio del bambino perduto, un bambino diverso nella sua essenza da quello mai nato. 

Che si tratti di oggetti, di immagini, o di pensieri scritti, l’importante è che non resti una pagina bianca tra quelle del libro della nostra esistenza. 

 

IMPORTANTE: 

Spesso capita che durante l’elaborazione del lutto i famigliari e gli amici più stretti tendano, a fin di bene, a spronarci alla reazione. Ciò non significa che loro non abbiano a cuore il nostro dolore o che non lo comprendano. 

Significa semmai che, vivendolo in maniera diversa da noi, credono sia meglio allontanarci da quel pensiero piuttosto che lasciare che esso ci attraversi. 

Spiegare loro questo aspetto, ammesso che si desideri farlo, o comunque schermarsi rispetto a questo atteggiamento è fondamentale. 

Abbiamo bisogno di vivere il nostro dolore per superarlo, e ciò dovrebbe essere chiaro a chiunque ci stia accanto. 

Solo se l’elaborazione si fa troppo assorbente, eccessivamente pervasiva e prossima al patologico si chiederà l’intervento di un esperto, per il resto i tempi e modi di elaborazione del lutto li stabiliamo soltanto noi. 

 

NOTA: 

Nella mie esperienza professionale ho imparato ad accogliere il dolore dei genitori in lutto, stravolti dal dolore e soverchiati dalle emozioni. Ho capito quanto importante sia per loro sentirsi compresi e al sicuro pur nel mezzo della tempesta. 

Ho imparato che in questi casi non esistono frasi più o meno adatte e anche esistessero, non sarebbero mai valide per tutti. 

La sola cosa che mi sono sempre sentita di comunicare ad un genitore che aveva appena perso il figlio era che mi spiaceva profondamente per la sua perdita, perché questo è. 

Perché la verità è questa, ovvero che nessun operatore, per quanto preparato, empatico e comunicativo può vivere il dolore del paziente. Può esserne addolorato, può mettersi in ascolto, può oltremodo accogliere ma non viverlo per l’altro. 

Passata la tempesta, spunta l’arcobaleno

Trascorso il tempo dell’elaborazione del lutto, passata la tempesta, prima o dopo spunta l’arcobaleno. 

Detta così parrebbe un passaggio semplice e del tutto naturale. 

In realtà sappiamo bene, ed altrettanto bene possiamo immaginare, che dietro alla nascita di un bambino arcobaleno vi siano una moltitudine di emozioni, sensazioni, ragionamenti spesso anche contraddittori. 

La gravidanza arcobaleno

La gravidanza arcobaleno porta con sé paure e gioie. 

E’ un lungo giro sulle montagne russe, un andare e tornare verso la speranza. Un groviglio di passi che paiono non portare da nessuna parte mentre portano alla costruzione di una nuova vita. 

Per quanto gli esami clinici abbiano stabilito che non vi è nulla di contrario alla vita in noi, noi quel timore lo coltiviamo fino all’ultimo. 

Al tempo stesso, però, l’istinto ci guida verso nostro figlio. 

Avere fiducia, in questi casi, significa più che mai credere nella capacità del nostro bambino di venire al mondo. 

Un eccesso di vigilanza ci può essere, ed è normale, va però controllato. Allentare la ragione, dare spazio alle emozioni ed ai ricordi ci può rimettere in sintonia con il figlio perduto affinché diventi il fratello del figlio che sta per nascere. 

In questi casi il supporto dell’ostetrica è fondamentale e, laddove non bastasse, è necessario chiedere anche il sostegno di altre figure specializzate. 

Una gravidanza arcobaleno ha il sapore della vittoria né più né meno come qualsiasi altra, con la differenza, però, che si è prima assaporata la sconfitta.

La nascita dei bambini arcobaleno

Passate le settimane, le paure e le emozioni complesse, finalmente è arrivato il momento del parto. La gioia, l’entusiasmo, perfino l’euforia fanno da contorno alla nascita dei bambini arcobaleno. 

Vero è, che potrebbe sussistere uno spazio dentro di noi nel quale nascondiamo la tristezza per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Potrebbero fare capolino dei velati sensi di colpa o di inadeguatezza. In altre parole, potremmo sentirci un poco fragili. 

Tutto normale, tutto lecito e ammissibile. Nel giro di poco ci saranno i baci, le coccole, i pannolini da cambiare e la luce colorata del bimbo arcobaleno venuto a riaccendere il sole. 

La crescita dei bambini arcobaleno

Parlare di crescita dei bambini arcobaleno apre un discorso che meriterebbe di essere trattato a parte. Mi limiterò, qui, ad accennare il tema, ripromettendomi di affrontarlo in maniera più approfondita in un articolo successivo.

Il primo punto da chiarire riguarda le differenze nella percezione della realtà da parte degli adulti e dei bambini. 

Mentre per gli adulti l’elaborazione del lutto, l’accoglimento di una nuova gravidanza e di un figlio arcobaleno possono avvalersi di strumenti psico-emotivi elaborati, il bambino non dispone d’altro che delle proprie sensazioni. 

I genitori che stanno ancora in qualche modo facendo i conti con le proprie ferite, rischiano di inviare al figlio arcobaleno messaggi contraddittori impossibili per lui da decifrare. 

Facciamoci aiutare. Chiediamo il sostegno di chi possa guidarci verso questa consapevolezza. In questi casi, una rete di supporto adeguata potrebbe sciogliere i nostri dubbi ed alleggerire le nostre perplessità. 

Non diamo per scontato di avere superato il lutto solo per il fatto che un figlio arcobaleno ci ha raggiunti. Ci possono essere delle ombre dentro di noi che non cogliamo o delle quali non siamo razionalmente consapevoli, ma che potrebbero essere percepite dal nostro bambino.

Un figlio arcobaleno non dovrebbe mai avere la sensazione di dover colmare un vuoto o sovrapporsi ad esso. Il suo ruolo non è quello di curare le ferite dei genitori. 

Il suo posto in famiglia è quello di qualsiasi altro figlio, senza ambiguità, senza non detti o silenzi che possono generare ansia. 

Per questo è importante spiegare ai figli arcobaleno l’accaduto con parole adeguate all’età, certo, ma in termini chiari che non lascino spazio a interpretazioni errate.   

In definitiva possiamo dire che i bambini arcobaleno rappresentano la nuova vita che si affaccia sul cammino dei loro genitori. 

Loro sono il colore che rischiara il buio ma, al tempo stesso, non devono assolvere alcun compito specifico se non quello di vivere, di essere amati e cresciuti da due adulti che li stavano da tempo aspettando. 

Bibliografia 

  • Aragno, B., & Maggi, M. (2020). Parole e gesti per dire addio: Strategie e strumenti operativi per sostenere bambini, adolescenti e adulti di fronte a una perdita o un lutto. FrancoAngeli.
  • Ferro, D. (2020). Attaccamento prenatale, ansia e depressione in donne con gravidanza a rischio ospedalizzate. etd.adm.unipi.it/t/etd-03262020-130750

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