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Il parto in acqua è sicuro? Se un tempo questa domanda poteva apparire insensata, oggi non è più così. 

Negli ultimi anni, sempre più donne stanno esplorando opzioni alternative per vivere il momento del parto in modo naturale e confortevole. Una  di queste opzioni è, senza dubbio, il “parto in acqua.” 

Questa pratica, oltre che suggestiva, può offrire dei vantaggi prevedendo l’immersione della donna in una vasca appositamente progettata per il travaglio e il parto. 

Ma cosa significa davvero partorire in acqua? Quali sono i vantaggi e i possibili limiti di questa scelta? 

In questo articolo, esploreremo l’affascinante mondo del parto in acqua, svelando i segreti e le considerazioni che ogni futura mamma dovrebbe conoscere prima di “immergersi” in questa straordinaria avventura.

 

II requisiti per il parto in acqua sicuro

Iniziamo con il dire che non tutti gli ospedali italiani sono attrezzati per offrire il parto in acqua. In generale, vi sono più opportunità al nord e al centro di quante ve ne siano al sud. Questo perché la vasca per il parto acquatico deve rispondere a precisi requisiti. 

 

Essa, infatti, deve poter contenere almeno 60 cm d’acqua per permettere alla donna di muoversi con il corpo immerso. L’acqua, inoltre, deve essere mantenuta ad una temperatura costante di non oltre 37/38 gradi centigradi. 

Proprio perché non tutti gli ospedali offrono questa possibilità, è bene informarsi per tempo. Una volta stabilito dove partorire, sarà necessario fare presente l’esigenza quando sarà il momento. E’ indispensabile che durante un parto in acqua sia costantemente presente un’ostetrica per assistere la madre. 

Quali i vantaggi del parto in acqua?

Non vi è dubbio che partorire in acqua offre dei vantaggi, non foss’altro che per il fatto che la forza di gravità è minore, il che ci appesantisce molto meno. 

Il principale beneficio dell’acqua, però, è che essa favorisce il rilascio di endorfine.

Ciò aiuta il contenimento del dolore dovuto alle contrazioni uterine. Inoltre l’acqua, e in particolare la sua temperatura, favoriscono il rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico. Ciò significa che, spesso, partorendo in acqua si è osservato un più contenuto ricorso all’analgesia. 

In altre parole, partorire in acqua corrisponde ad una minore probabilità di ricorrere all’epidurale.

Esistono dei rischi o delle controindicazioni al parto in acqua?

Una domanda che spesso mi sono sentita rivolgere dalle donne era se potevano restare in acqua per l’intera durata del parto. 

Ebbene, per quanto non vi siano dati sufficienti per poter affermare l’efficacia e la sicurezza del parto acquatico, va detto che si consiglia l’uscita dalla vasca nella fase finale. Ciò nonostante, è possibile richiedere che anche la fase espulsiva avvenga in acqua se questo è per te importante. 

Ciò è stato chiaramente ribadito da ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists) che  supporta l’immersione in acqua durante il primo stadio, in donne sane e con gravidanze a basso rischio ostetrico, ma raccomanda fortemente una fase espulsiva fuori dall’acqua. 

Il rischio di infezioni

Il motivo per il quale ACOG sconsiglia di restare immerse in fase espulsiva è proprio il rischio di infezioni durante le spinte. 

Per quanto manchino dati sufficienti per valutare rischi e benefici dell’immersione in questa fase, è vero che sono stati riportati eventi avversi.  

In particolare si tratta del rischio di infezione da Pseudomonas aeruginosa e Legionella pneumophila. Un compromesso valido, come detto, può dunque essere il ricorso alla vasca durante il travaglio e una conclusione del parto fuori dall’acqua. 

Con ciò non intendo affatto scoraggiare le donne dal ricorrere al parto in acqua. il mio intento è di ricordare che qualsiasi parto deve avvenire in maniera consapevole e informata. 

Il parto in acqua è sicuro per il bambino?

Non sono poche le coppie che si chiedono se il parto in acqua è sicuro e se offre dei vantaggi al bambino. In effetti pare certo che anche per il piccolo possa trattarsi di un’esperienza positiva. 

In primo luogo va detto che il neonato non corre alcun rischio di annegare. Questo perché è supportato dal diving reflex, ossia la capacità di non inspirare sott’acqua. Specifici ricettori disposti sul suo volto, infatti, si attivano a contatto con l’acqua. Ciò gli impedisce di inspirare fino a che non torna in superficie. A quel punto i ricettori si disattivano a contatto con l’aria e il piccolo riprende a respirare regolarmente.

Pensiamo inoltre alla temperatura dell’acqua che gli ricorda quella sperimentata nel liquido amniotico e che rende la sua esperienza molto più dolce.  

E’ noto, infine, che non siano state rilevate sostanziali differenze nel punteggio Apgar alla nascita tra bambini nati in acqua e non (il punteggio Apgar  indica lo stato di salute del neonato).  

Il parto in acqua è sicuro per tutte?

Diciamo che il parto in acqua è per molte ma non per tutte

Esistono infatti dei requisiti che la donna deve avere per poter procedere. 

In primo luogo è sempre richiesto un tampone vaginale che escluda la presenza di streptococco beta emolitico di gruppo B. Lo streptococco in parecchi casi colonizza il canale del parto tanto che circa il 30% delle partoriente risulta positiva all’esame. In caso di positività, dunque, ad una donna che partorisca fuori dall’acqua viene somministrata una dose di antibiotico a protezione del nascituro. Se la donna, invece, desidera partorire in vasca non le sarà concesso di entrare in vasca per via dei rischi annessi. 

Anche in caso di parti gemellari la vasca è esclusa

Allo stesso modo se si è in presenza di situazioni di rischio come il battito cardiaco del piccolo irregolare, ipertensione della gestante o liquido amniotico non chiaro si dovrà rinunciare all’acqua. Vi sono, infine, altre situazioni che richiedono una valutazione sia in gravidanza che in travaglio che andranno valutate caso per caso. 

Quali sono i criteri di esclusione?

Secondo le più aggiornate linee guida ACOG e le best practise questi sono alcuni dei principali criteri per escludere un parto in acqua. E’ importante sottolineare che queste linee di condotta non sostituiscono alcun protocollo sanitario ospedaliero.  

Materni
  • Preeclampsia
  • Iperpiressia materna
  • Patologie trasmissibili per via ematica o da contatto (HBV, HCV, HIV, HERPES)
  • Cardiopatie-vasculopatie materne
  • Emorragie in atto
  • Infusione ossitocica in corso
Fetali
  • Polidramnios
  • Gravidanza gemellare
  • Placenta previa
  • Insufficienza placentare, ritardo di crescita intrauterina (IUGR)
  • Liquido amniotico tinto (M2/M3)
  • Tracciato cardiotocografico non rassicurante
  • Sproporzione feto-pelvica
  • Presentazione podalica o altre mal posizioni

In conclusione: il parto in acqua è sicuro?

  • Per quanto io comprenda che il parto in acqua sia un’opzione interessante e spesso vantaggiosa, da ostetrica sento il dovere di ricordare che si tratta di una scelta importante. 
  • Vanno attentamente considerati tutti i pro e i contro, non solo sul piano personale ma soprattutto clinico. Farsi guidare in questa scelta da personale medico esperto è fondamentale. Ciascuna donna conosce il proprio corpo e la propria psiche ed è in grado di decidere il meglio per sé e per il proprio bambino. 
  • Ricordiamo di informarci per tempo circa la struttura presso la quale intendiamo partorire e, se possibile, coinvolgiamo il/la partner nella decisione. Questo non solo ci aiuterà a scegliere ma ci farà sentire parte di quel nucleo che si comporrà una volta venuto al mondo il nascituro. 
  • Dunque, il parto in acqua è sicuro? Ogni donna che decida di partorire in acqua deve comunque essere consapevole che tanto i  benefici quanto i rischi non sono stati sufficientemente studiati. Pertanto l’una, come l’altra opzione, in termini di sicurezza va valutata con la massima attenzione. 

 

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