Il diritto al parto cesareo non è sancito per legge. Nella maggior parte dei Paesi si tratta di un’opzione medica prevista ma normata solo in precisi casi.
La domanda, piuttosto complessa, alla quale cercherò di rispondere è: cosa accade quando la donna non si sente in grado di affrontare il parto naturale e vuole optare per il parto cesareo?
Cercherò di rispondere offrendo uno spunto di riflessione sul tema.
Il diritto al parto cesareo in Europa
All’interno dell’Unione Europea il tasso di parti cesarei varia parecchio da nazione a nazione. L’Italia è notoriamente il Paese nel quale si effettua il maggior numero di questi parti. La percentuale è, infatti, di poco inferiore al 40%, laddove in Francia è al 21,5%, e in Germania sale al 31,5%.
Più in generale, possiamo dire che il numero di parti cesarei nel mondo è in costante crescita nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità indichi, quale tasso medio nazionale ideale, un valore che oscilla tra il 10% e il 15% del totale dei parti.
Il diritto al parto cesareo in Italia
A livello nazionale abbiamo un vuoto di legge al riguardo, colmato da due articoli, L’art. 5 c.c. da un lato e l’Art. 50 c.p. dall’altro.
Il primo impone il divieto di disporre del proprio corpo quando tale disposizione diminuisca permanentemente l’integrità fisica o quando sia contraria alla legge.
Il secondo, invece, stabilisce che non è punibile per legge chi leda, o metta in pericolo un diritto se ciò viene fatto con il consenso informato della persona trattata.
La giurisprudenza ritiene, dunque, che sia lecito da parte della donna fare ricorso al parto cesareo. Questo perché viene chiamato in causa il principio di autodeterminazione rispetto alla propria salute psichica e fisica. C’è però un elemento di cui tenere conto, ovvero che in assenza di una precisa indicazione clinica il medico ha il diritto di rifiutare un parto cesareo programmato. Ecco, quindi, che il nodo si stringe e non è semplice scioglierlo nel pieno rispetto dei diritti di tutti.
Perché l’OMS sconsiglia il parto cesareo?
La ragione per la quale si tende a limitare il parto cesareo nel mondo è da ricercare nella pericolosità di tale pratica. L’intento è di contenere possibili conseguenze pericolose sia per la mamma che per il bambino. Trattandosi di un intervento chirurgico, i rischi connessi sono sicuramente più elevati rispetto a quelli di un parto naturale. Si deve procedere ad un’anestesia, si effettua un’incisione profonda e si hanno tempi di recupero più lunghi rispetto al parto vaginale. Senza contare che, come sempre in questi casi, l’errore umano per quanto involontario, va sempre tenuto in debita considerazione.
In quali casi è ammesso il parto cesareo?
Da un punto di vista clinico, il parto cesareo può essere elettivo, ovvero programmato quando esiste una condizione già nota come ad esempio la presentazione podalica, oppure urgente come accade quando viene eseguito in travaglio. In questi casi possono verificarsi condizioni imprevedibili che costringono i sanitari a procedere nell’immediato. La decisione spetta comunque all’equipe medica la quale valuta, caso per caso, se le condizioni di pericolo per la mamma e per il bambino richiedano tale intervento. Ciò significa che una donna, in linea del tutto teorica, non può decidere di volersi sottoporre a parto cesareo ma deve essere il suo medico a stabilirlo.
Ma cosa accade se la futura mamma manifesta il desiderio di non partorire naturalmente? Come può essere tutelata nell’eventualità in cui una paura paralizzante l’assalga già solo all’idea di partorire?
Tocofobia e diritto al parto cesareo
La tocofobia è una condizione psicologica che si caratterizza per un elevato grado di paura, spesso fobica, al solo pensiero di dover affrontare i dolori del travaglio e del parto. Trattandosi di un timore incontrollabile ed irrazionale spesso può causare ansia, attacchi di panico, nausea, incremento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca. Nei casi più severi, può accadere addirittura che la donna rinunci alla gravidanza per via di questa fobia.
Tocofobia conclamata e parto cesareo
Nel caso in cui il medico rilevi nella donna i tratti caratterizzanti la tocofobia, è possibile che richieda per lei il parto cesareo. Per ottenere questa indicazione è però necessaria una diagnosi specifica eseguita da personale competente.
Il diritto al parto cesareo e le sue implicazioni deontologiche
Da un punto di vista professionale, ciascun sanitario chiamato ad accogliere o rifiutare la richiesta di parto cesareo deve compiere una scelta. A livello procedurale se la donna firma il consenso informato e la sua richiesta viene approfonditamente motivata in cartella clinica l’interpretazione giuridica ritiene che il parto cesareo sia lecito e, pertanto il diritto della madre a richiederlo va tutelato.
Ma se fosse proprio il medico contrario ad eseguire l’intervento? Quale problema si porrebbe in questo caso?
Vale, senza dubbio, anche il diritto del chirurgo di rifiutare l’intervento che, in questo caso, potrebbe entrare in conflitto con il diritto della donna a richiederlo. Non dimentichiamo, infatti, la norma relativa all’autodeterminazione (Art. 5 c.c. Atti di disposizione del proprio corpo. Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.) ne ammette la legittimità.
Posto che in altri paesi il problema non si pone, penso ad esempio all’Inghilterra dove è un diritto formalmente sancito, in Italia è necessario che la donna cerchi il chirurgo disposto ad assecondare la propria richiesta.
Io credo che, se adeguatamente informata, se sostanzialmente motivata e se si possono ragionevolmente escludere rischi prevedibili e riconducibili al taglio cesareo, il diritto della donna andrebbe sostenuto.
Le condizioni perché ciò avvenga, a mio parere, devono essere:
- Informazione accurata e approfondita fornita alla donna circa i rischi e i benefici legati alla pratica da lei richiesta
- La sottoscrizione di un consenso informato
- La conoscenza dettagliata di come avviene l’intervento e di tutte le prassi anestesiologiche.
- Le conseguenze post partum correlate ad un taglio cesareo
Taglio cesareo e allattamento
È indubbio che allattamento e taglio cesareo non siano grandi amici ma buoni conoscenti. Dopo un cesareo è normale che vi sia una qualche maggiore difficoltà nell’avviare l’allattamento. In questi casi è molto importante essere sostenute e supportate in maniera adeguata da personale preparato.
La ferita dolente causa maggiori difficoltà di movimento che interferiscono con la giusta posizione per l’allattamento e talvolta anche con la montata lattea. In questi casi, però, si potrà ovviare. Si può scegliere, infatti, di stimolare il seno attaccando il bambino subito dopo il parto o, in sua assenza, di procedere alla spremitura manuale entro due ore dalla nascita.
È pur vero, però, che un parto naturale traumatico o un travaglio molto lungo, complesso e non adeguatamente sostenuto possono, a loro volta, creare problemi in tal senso.
Concludendo
La scelta che va compiuta sia da parte della donna che del personale sanitario è, senza dubbio, influenzata da molti fattori. Ammetto anche che non è facile prendere una posizione in maniere netta e definitiva. Credo, però, che non si possa considerare la donna persona incapace di compiere le proprie scelte nel momento in cui ha inizio la sua gravidanza. Ho seguito, accompagnato e assistito talmente tante donne nella mia carriera professionale che mi risulta complicato pensare che una donna, durante la gestazione, perda la propria capacità di discernere ciò che è bene per lei da ciò che non lo è.
Chiaramente questo mio discorso vale solo nel momento in cui la donna, lo ripeto, sia informata, seguita e messa nelle condizioni di poter compiere una scelta consapevole e ragionata.
La mia opinione si fonda anche sull’avere seguito molte donne nell’avvio dell’allattamento e nell’avere toccato con mano quali e quante problematiche si possono presentare dopo un parto complicato o, peggio, traumatico.
La linea di demarcazione tra favorevole e sfavorevole è estremamente sottile e rispettare la donna significa anche aiutarla a trovare il punto di equilibrio giusto per lei, per la sua salute fisica ma, soprattutto per la sua salute mentale.
Il post parto, lo sappiamo, è una fase delicata che richiede lucidità ma al tempo stesso capacità di abbandonarsi alla nuova vita, ai nuovi ritmi ed alle nuove esigenze. Se si possono evitare stress o traumi alle donne nella fase immediatamente antecedente a questa, ciò va a tutto vantaggio della diade e della famiglia in senso più esteso.
Infine, consiglio la lettura di un altro articolo relativo al parto cesareo, in particolare il cosiddetto cesareo dolce.
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