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La sindrome del bambino scosso è una delle più gravi forme di maltrattamento del bambino, in particolare del neonato. Può causare gravissime lesioni permanenti portando perfino alla morte.

Si osserva in prevalenza nel primo anno di vita con una maggiore incidenza nei primi sei mesi del bambino.

Premessa

Mi è sempre sembrato assurdo pensare che si potesse arrivare a “scuotere” il proprio bambino ma, probabilmente, non ne avevo mai sentito uno piangere per più di due ore di seguito.

Inizia così un mio post di Instagram, uno di quelli che scrivi senza curarti di nulla che non sia l’autenticità. Una scrittura spontanea, di getto, dentro la quale riversare tutte le paure vissute in quei pochi istanti nei quali hai temuto di perdere il controllo.

Io ostetrica, io esperta IBCLC, io però anche mamma, ho vissuto sulla mia pelle ciò che per molti anni avevo cercato di spiegare nei miei corsi e ne ho scoperto la forza e la potenza.

La sindrome del bambino scosso può sopraffare chiunque, riconoscerla, fermarsi in tempo, chiedere aiuto sono azioni che possono salvare te ed il tuo piccolo.

Leggi questo articolo esattamente come fossi io a parlarti davanti a una tazza di caffè, io Alessandra, mamma prima ancora che ostetrica e lascia che ti accompagni in un terreno che può fare paura, ma che va conosciuto per evitare di inciampare.

bambino scosso piange

Quel senso di impotenza che ti assale

La sensazione è molto forte e pervasiva, è esattamente un senso di impotenza di fronte ad un pianto continuo, inconsolabile e lungo, troppo lungo per essere tollerato.

L’istinto in questi casi ti guida prima verso i più comuni gesti consolatori del piccolo, lo sollevi, lo culli, lo allatti, lo accarezzi ma niente, il pianto non cessa, il suono si fa penetrante e tu, a quel punto, non sai più come farlo cessare.

Le idee si appannano e capisci che stai faticando troppo a controllare le tue reazioni.

Sei sola con quel pianto inconsolabile, sola con tuo figlio che non comprendi cosa abbia, sola con la paura di non riuscire a controllarti, sola e basta.

Quello è il momento esatto nel quale hai bisogno di aggrapparti alla lucidità per interrompere quel flusso e chiedere aiuto.

Capita spesso?

Non spessissimo ma di certo, credimi, molto più sovente di quanto si possa immaginare.

Sindrome del bambino scosso, quali i segnali premonitori

Quella sera ero davvero allo stremo, piangeva da almeno un’ora con un pianto lamentoso, si contorceva, non riusciva a dormire e non voleva essere allattato e io ero stanca, troppo, anche per tenerlo in braccio.

 

La situazione che precede la sindrome del bambino scosso, di norma, è questa:

  • L’adulto che si sta occupando del piccolo è particolarmente stanco e provato da un pianto inconsolabile. La sua condizione è di forte stress psicofisico.
  • Ha già tentato ogni strategia consolatoria senza risultato, ha vagato per la casa con il bambino in braccio sentendo sempre più da vicino il suo lamento straziante.
  • I nervi sono a fior di pelle, la mente si offusca, le braccia lo sollevano quasi d’istinto e quel piccolo bimbo viene strattonato con forza per qualche secondo.

Sono attimi, giusto qualche istante e ci si rende conto di ciò che si sta facendo ma è anche lo spazio temporale che potrebbe provocare severi danni a quella creatura indifesa.

Nei casi più gravi, non possiamo negarlo, lo scuotimento del neonato o del lattante può provocare danni cerebrali irreversibili e perfino la morte.

Nascondere questa verità, non volerne conoscere le cause o ritenere che “tanto a me non potrà mai accadere” non serve. Per quanta paura ci possa fare l’idea di sorpassare quella soglia di non ritorno, dobbiamo informarci per prevenire situazioni pericolose.

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Perché la sindrome del bambino scosso è pericolosa

Il dato di partenza è che la testa del neonato è sorretta da una muscolatura che, fino almeno ai due anni di vita, non è particolarmente sviluppata.

Ciò comporta che il piccolo non sia in grado di contrastare e sostenere il peso del proprio cranio, motivo per il quale viene sempre detto ai genitori di sorreggergli la testa durante i movimenti.

Il peso della testa, infatti, è pari al 15% del suo peso corporeo, la struttura ossea del cranio è ancora elastica ed il suo contenuto acquoso ancora immaturo.

In altre parole, il cervello del piccolo è fragile e ogni scuotimento energico, anche per pochi attimi, può creare lesioni molto serie.

Ero arrivata al limite, e lo avevo capito! Ero stata brava. Poi mi sono chiesta: ma allora il limite esiste anche quando ami alla follia tuo figlio?

Sindrome del bambino scosso: quali i danni che si possono verificare

I danni possono variare a seconda delle condizioni; durata dello scuotimento, intensità, età del bambino ad esempio fanno la differenza.

Tra le conseguenze meno gravi si possono riscontrare vomito, irritabilità, sonnolenza, inappetenza e difficoltà di suzione e/o deglutizione.

Segnali ulteriori possono essere un aumento anomalo del volume del cranio, disturbi comportamentali e ritardo motorio o del linguaggio.

Nei casi di estrema gravità si riscontrano invece:

  • Ematoma subdurale, ovvero un versamento di sangue nelle meningi i cui sintomi vanno da una semplice nausea o vertigine fino al coma
  • Edema cerebrale, vale a dire un accumulo di liquido nel cervello che comprime i capillari bloccando il flusso di sangue e l’ossigenazione del cervello. Anche in questo caso i sintomi possono variare da un lieve mal di testa fino a all’epilessia
  • Emorragia retinica che può portare alla cecità

Queste evidenze non sempre possono essere immediate, talvolta le si riscontra con parecchio ritardo con, evidentemente, una maggiore difficoltà a ricondurli ad eventi traumatici neonatali.

Come calmare il bambino ed evitare la sindrome del bambino scosso

Ero ancora ben lontana, probabilmente, dal gesto di scuoterlo ma ho preferito non doverne misurare la distanza e così l’ho appoggiato al sicuro nella sua culla, ho messo delle cuffie nelle orecchie con la musica a tutto volume e sono andata in un’altra stanza.

 

Non esiste una prevenzione specifica, esistono delle linee guida che è bene conoscere.

  • Mai scuotere il neonato e/o il lattante. Un conto è farlo giocare sulle ginocchia o sollevarlo con cautela, il che non comporta alcun rischio, diverso è scuoterlo violentemente
  • Mettere il piccolo nella carrozzina per calmarlo
  • Portare il bambino in auto facendogli fare un piccolo giro
  • Fargli un bagnetto rilassante
  • Contenerlo fisicamente in maniera delicata ed avvolgente di modo che assuma la posizione fetale
  • Fargli ascoltare musica rilassante a basso volume (esistono playlist apposite)

Se nessuno di questi interventi ottiene il risultato sperato vi è una sola cosa da fare, CHIEDERE AIUTO a qualcuno.

  • Se temiamo che il bambino abbia un problema serio rivolgiamoci al medico o al pediatra.
  • Se il pianto non è riconducibile ad un disturbo organico serio e, ciò nonostante, non riusciamo in alcun modo a interromperlo, dobbiamo fare in modo di non ascoltarlo per qualche tempo per non perdere il controllo.
  • Possiamo scegliere di allontanarci dalla stanza per qualche momento dopo averlo assicurato in una posizione sicura e confortevole oppure possiamo decidere di chiedere aiuto a un vicino, a un’amica o a un parente.

Queste sono le uniche strategie davvero adatte al caso, quelle che potranno impedirci di sorpassare la nostra soglia di tollerabilità.

 

Concludendo

Siamo genitori, non siamo supereroi, accettiamo i nostri limiti in nome dell’amore che proviamo per i nostri figli ricordandoci che, come scrisse Honoré de Balzac, ogni potere umano è composto di tempo e pazienza, e noi ci aggiungiamo la richiesta d’aiuto per confezionare la migliore risposta possibile al pianto inconsolabile del nostro bambino.

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